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Report 2017 - GP Shizuoka
Articolo del 5-4-2017 a cura di Romano Luca
Romano Luca


Benvenuti a questo nuovo report di un GP.
Questa volta Luca Romano ci parlerà della sua esperienza nel Paese del Sol Levante


Come al solito vi ricordo che se avete un report da condividere, non esitate a contattarmi.

Mike


 

Report 2017 - GP Shizuoka

 

 

Ci sono GP che si ricordano più facilmente di altri. Il primo dove si viene selezionati, il primo GP all’estero, quel GP dove hai dato l’esame per passare di livello, e via dicendo…
Il GP Shizuoka per me è stato il primo GP nel continente asiatico, a contatto con una cultura completamente diversa e con una comunità di arbitri e giocatori completamente diversa: questo lo ha reso un’esperienza unica, dove ho imparato moltissimo.

 

Primo impatto col Giappone


Ci sono alcune cose che si notano immediatamente appena si scende dall’aereo. La prima è il miscuglio di gentile cortesia e di assoluta formalità proprio dei giapponesi: me ne sono accorto già al controllo documenti all’aeroporto, e poi acquistando il biglietto del treno che mi avrebbe portato in centro.
In Giappone il contatto fisico è accuratamente evitato: persino sui vagoni affollati della metropolitana ognuno si sforza per non occupare più spazio del minimo indispensabile, e le strette di mano sono rimpiazzate da cortesi inchini.
L’inglese in Giappone è insegnato in tutte le scuole, ma non è parlato quasi per nulla dalla popolazione adulta, e anche chi lo parla ha spesso difficoltà di pronuncia, dovute al fatto che molti fonemi e suoni sono completamente diversi. Tuttavia, i giapponesi sono estremamente cortesi, e chiunque si sente in dovere di aiutare uno straniero che non riesce a trovare la direzione giusta - al punto di perdere tempo ad accompagnarlo, anche per diversi minuti di strada, se non riesce ad esprimersi correttamente.

Dei due giorni passati in giro per Tokyo, seppellendo il jet-lag sotto ciotole di Ramen e visite a templi e musei, racconterò altrove. Il nostro Riccardo Tessitori mi raggiunge mercoledì sera, e giovedì mattina atterrano anche Fabio Pierucci, al suo primo GP in assoluto, e Lamberto Franco, in carne, ossa e banane.
Shizuoka si trova alle pendici del Fujiyama, che dall’autostrada percorsa in autobus, prende due terzi abbondanti dell’orizzonte. Shizuoka è una città molto poco turistica, ma troviamo comunque il modo di rilassarci nel pomeriggio, girando per punti panoramici e visitando un Honsen naturale alle pendici del Fuji, accompagnati da uno degli arbitri più famosi del giappone, Yoshi-san.
Siamo pronti a cominciare.

 

Venerdì: primi passi e primi passi falsi.


Nonostante sia il mio trentunesimo GP, il fatto di conoscere pochissime persone sia tra gli arbitri, sia nello staff, mi rende più prudente del solito nell’affrontare la giornata. Sono assegnato ad uno dei team che gestiscono i Last-Chance Trial, il mio leader è l’L3 cinese Edwin Zhang, ma appare subito evidente che il numero di arbitri è enormemente superiore alle esigenze effettive: in Giappone il customer service è fondamentale, e i TO prendono molti più arbitri rispetto al minimo indispensabile. Vengo messo a coprire il floor su diversi trial, ma ci sono talmente tanti arbitri che praticamente non mi arrivano chiamate. Ciononostante, dal momento che sono stato istruito sull’importanza di non apparire sfaccendati, cerco di mantenermi più professionale possibile, di osservare le partite e di mantenere alto il livello di comunicazione con gli altri arbitri intorno, in particolare quando viene il momento di gestire i breaks.

Nella seconda parte del pomeriggio mi offro volontario per aiutare a numerare la sala e preparare le pairing boards per il giorno successivo, un po’ per combattere la noia, un po’ per cercare di farmi vedere attivo dagli arbitri locali e dal TO. Assieme a me c’è l’L3 francese Khanh Le Thien e l’L3 giapponese Naoaki Umesaki, in veste di TO-staff. Qui commetto il primo passo falso del weekend: mentre Umesaki-san mi sta spiegando come va numerata la sala, io lo interrompo in maniera cortese, dicendogli che mi era già stato spiegato da Khanh. In Giappone, interrompere una persona mentre parla è una cosa molto maleducata (non che nel resto del mondo sia il massimo, ma in Europa, nello stesso contesto, sarebbe stato più accettabile), specialmente se la persona in questione è un tuo superiore: questo mi viene spiegato il giorno dopo dallo stesso Khanh, per cui decido di andare a scusarmi con Umesaki-san, spiegando che la mia intenzione era semplicemente quella di fargli risparmiare tempo, e non certo quella di mancargli di rispetto.
La giornata di venerdì si conclude con me abbastanza stanco: il lavoro di numerazione e preparazione dura a lungo (la sala è allestita per circa 3000 giocatori) e l’assemblaggio delle pairing boards è comunque un lavoro che richiede forza fisica.

 

Sabato: differenze culturali.


Sabato sono il team leader incaricato di tagliare e distribuire le slips e assistere lo scorekeeper per qualunque cosa. Nel mio team oltre a me ci sono 5 giapponesi e un rapper malese giramondo che qualcuno magari ha incontrato all’ultimo GP Firenze: Sashi Kumar Balakrishnan, noto tra gli MC come Sashi Loco. Il nostro lavoro è abbastanza lineare, e la coordinazione con gli altri team leader non si presenta come troppo complicata, anche perché molti di essi sono occidentali, e con altri ho comunque già lavorato in Europa o in Canada.
La vera sfida della giornata, è quella di interagire al meglio con il mio team, di prendermi cura di loro, di farli lavorare bene e di assicurarmi che passino una bella giornata. Normalmente sono solito far ruotare le task tra i vari membri del team durante la giornata, ma questa volta decido diversamente: mi viene infatti spiegato che per la maggior parte dei giapponesi è preferibile avere una cosa sola su cui concentrarsi, e non dover cambiare in continuazione. Assegno quindi un arbitro ad ogni task: due tagliano le slip, uno le porta in sala agli altri team per la distribuzione, uno sta con lo scorekeeper all’inizio del round per gestire eventuali problemi (come tavoli che vengono ri-accoppiati e la cui slip esce separata dalle altre) e uno sta con lo scorekeeper alla fine del round, per portargli le slip che arrivano dal team che si occupa delle procedure di fine turno (la zona dove stanno gli arbitri è infatti fisicamente abbastanza distante dai computer degli scorekeeper). Rimane un arbitro a cui non viene assegnata nessuna task in particolare, e questo arbitro è il mio backup, Masaru Koide: in Giappone i team leader occidentali hanno sempre un backup giapponese, che è generalmente un L2 con molta esperienza e con una conoscenza migliore dell’inglese, in grado di aiutare il Team Leader a comunicare meglio. Masaru Koide vive e lavora a Dubai, quindi il suo inglese è eccellente, ed inoltre è un L2 di grande esperienza. Il suo aiuto nel corso della giornata è stato impareggiabile, e mi ha consentito di poter assistere gli arbitri del mio team che avevano dubbi, tra cui un L1 che non si sentiva sicuro e ha chiesto di poter lavorare con un buddy L2, di poter spiegare al meglio le task, coordinare al meglio i breaks e mi ha anche aiutato come traduttore in diversi ruling.

Già, i ruling: una delle tentazioni che vengono quando si è sul floor di un torneo con più staff del necessario e dove non si parla la lingua, è quella di lasciar prendere le chiamate al giapponese più vicino, ma se si vuole fare una buona impressione, è opportuno fare almeno un tentativo prima. Molto spesso i giocatori faranno ciò che possono per spiegarsi in inglese, e con un minimo di conoscenza delle interazioni del formato, spesso il resto lo potremo capire da noi.
ESEMPIO: due giocatori mi chiamano, sul tavolo da una parte ci sono una Walking Ballista e un Verdurous Gearhulk. Dall’altra parte ci sono 5 terre tappate e un Release the Gremlins appoggiato sul board. Il controllore della Ballista ha un dado in mano. Possiamo facilmente intuire che i giocatori vogliono sapere cosa succede se la ballista viene “scaricata” sull’avversario in risposta alla magia. Vengono creati comunque due goblin? In questo caso, la risposta è decisamente “Ni” ;-) (Ni è il numero 2 in Giapponese).

Al termine della giornata il mio team sembra aver apprezzato il lavoro svolto assieme, e uno di loro mi chiede anche quali differenze ho riscontrato rispetto ai GP Europei. Dopo qualche chiacchiera, si va alla cena offerta dal TO in un Barbecue Coreano. La domenica il mio shift inizia prestissimo.

 

Domenica: un errore da principiante.


La sveglia suona alle 6.30, devo essere in sala per le 8. Mi rendo subito conto che c’è qualcosa che non va: sono molto, molto più stanco di quanto dovrei essere.
In sala sono assegnato al PTQ domenicale, il cui capo arbitro è il giapponese Takanori Nakamura, affiancato da me e da Christian Gawrilowicz, più diversi L2.
Il torneo non è particolarmente complesso, anche perché è strutturato con 8 bracket da 32 persone ad eliminazione diretta. Dopo le prime 3 ore abbiamo un arbitro per ogni top8, durante il quinto turno abbiamo un arbitro per ogni finale.
Se ricordo molto poco di quelle sei ore c’è un motivo: ero assolutamente sfinito, al limite delle mie energie fisiche. Cosa è successo? Jet Lag? No, niente di tutto ciò. Ho fatto semplicemente l’errore che ho rimproverato a tanti arbitri al loro primo GP in questi anni in Europa: non ho ascoltato il mio corpo. Il mio entusiasmo per l’avventura e per la novità, unito ad un po’ troppa voglia di impressionare con la mia capacità di lavorare sodo, mi hanno portato a non bere abbastanza, non sedermi abbastanza e non riposarmi abbastanza durante i due giorni precedenti. Il risultato è che la domenica alle 14 sono al limite e non aiuta certo la difficoltà a reperire caffeina.
Per fortuna il PTQ è overstaffed, quindi la mia prestazione sotto la media non influisce sullo scorrere dell’evento, e la conseguenza peggiore è che devo chiedere un break in più e passo un po’ più di tempo a seguire i match da seduto.
Al termine dei 5 round di Svizzera, Nakamura-san mi seleziona tra quelli che arbitreranno la top8 del PTQ, assieme a lui stesso, a Alex Yeung (L3 da Hong Kong, che ha il compito di aiutare l’unico giocatore cinese in Top8 durante il draft chiamato in Giapponese) e un L2 locale. Con la finale del PTQ termina anche il mio shift.

 

Cosa ho imparato da questo GP


A questo GP ho imparato che avere esperienza non è un buon motivo per dare qualcosa per scontato, e che non si è mai troppo navigati per stancarsi troppo.
Ho imparato a conoscere una cultura nuova, dove è meno accettabile interrompere una persona che parla, ed è più accettabile utilizzare delle chips da poker come segnalini (il gioco d’azzardo è così diffuso che gli stand dei negozi offrivano tutti qualche forma di lotteria).
Ho imparato che per essere un buon team leader non serve sempre andare oltre il necessario, e che anche la persona più inaspettata può tirarti su il morale in un momento di stanchezza.

Spero di poter mettere a frutto tutto questo molto presto: il GP Bologna è quasi alle porte!
-Luca